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Terapia con iodio radioattivo (I-131) nei carcinomi differenziati della tiroide

  • Immagine del redattore: Diego Barbieri
    Diego Barbieri
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min

La terapia radiometabolica con iodio radioattivo rappresenta un passaggio fondamentale nella gestione dei carcinomi differenziati della tiroide, ovvero le forme papillari e follicolari, nei pazienti già sottoposti a tiroidectomia totale.


Il trattamento ha tre possibili finalità:

  • Ablazione del tessuto tiroideo residuo

  • Terapia adiuvante, mirata a ridurre il rischio di recidiva

  • Terapia delle metastasi, nei casi in cui la malattia si sia diffusa



Terapia con iodio radioattivo (I-131) nei carcinomi differenziati della tiroide


1. Ablazione del residuo tiroideo

L’obiettivo è eliminare il tessuto tiroideo normale che può rimanere anche dopo un intervento radicale. Questo aiuta a migliorare l’efficacia del follow-up, rendendo la tireoglobulina un marcatore più affidabile, e aumenta la sensibilità della scintigrafia con iodio.


Secondo le linee guida ATA (2015), l’ablazione è raccomandata nei pazienti a rischio intermedio o alto, mentre nei pazienti a basso rischio può essere valutata caso per caso, soprattutto in presenza di fattori sfavorevoli.Le linee guida AIOM ed ESMO consigliano il trattamento quando il tumore supera 1 cm, presenta invasione capsulare, multifocalità o linfonodi metastatici.


Dosaggi tipici:

  • 30–50 mCi (1110–1850 MBq) per pazienti a basso rischio

  • 50–100 mCi (1850–3700 MBq) per rischio intermedio


2. Terapia adiuvante

In questo caso, la terapia è volta a distruggere micrometastasi o residui neoplastici minimi che potrebbero non essere visibili agli esami diagnostici, ma che aumentano il rischio di recidiva.

Indicazioni (ATA 2015):

  • Estensione extratiroidea minima

  • Coinvolgimento linfonodale (N1a o N1b)

  • Istotipi istologici più aggressivi (cellule alte, tall cell, variante sclerosing)


Secondo AIOM ed ESMO, è indicata nei tumori con caratteristiche negative come diametro >4 cm, invasione vascolare o presenza di metastasi linfonodali.

Dose consigliata:

  • 100–150 mCi (3700–5550 MBq)


3. Terapia delle metastasi

È indicata nei casi in cui il tumore ha dato origine a metastasi iodio-captanti, sia a livello linfonodale che in sedi più lontane (polmoni, ossa, cervello). Questo trattamento può essere ripetuto nel tempo, a seconda della risposta e della captazione residua.


Le principali linee guida (ATA, AIOM, ESMO) concordano sull’indicazione, soprattutto nei pazienti giovani o in presenza di malattia ancora differenziata e ben funzionante.


Dosaggi usuali:

  • 150–200 mCi (5550–7400 MBq), con possibilità di ripetizione

  • In caso di metastasi ossee o cerebrali, è spesso indicato un approccio multidisciplinare con protezione cortisonica e/o radioterapia mirata


Quando NON è indicata la terapia con I-131?

  • Nei carcinomi a basso rischio, come i microcarcinomi unifocali <1 cm senza fattori negativi

  • In presenza di lesioni non iodio-captanti

  • Nei pazienti in cui i rischi superano i benefici, come anziani fragili, soggetti con gravi comorbidità o esposizioni pregresse elevate a radiazioni


Come funziona la terapia con iodio radioattivo

La terapia si basa sulla capacità delle cellule tiroidee – sane o tumorali – di assorbire lo iodio. Somministrando per bocca una forma radioattiva di iodio (I-131), questa viene assorbita selettivamente dai residui di tessuto tiroideo o tumorale. All'interno delle cellule, lo iodio emette radiazioni beta, che danneggiano il DNA e portano alla morte cellulare, limitando i danni ai tessuti circostanti.


Cosa deve aspettarsi il paziente: fasi del trattamento


1. Fase preparatoria

  • Stimolazione del TSH: fondamentale per aumentare la captazione dello iodio. Si ottiene in due modi:

    • Sospensione della levotiroxina per 3–4 settimane (con sintomi da ipotiroidismo)

    • Somministrazione di TSH ricombinante (rhTSH) per due giorni consecutivi, senza sospendere la terapia ormonale

  • Dieta povera di iodio: da seguire per 1–2 settimane prima del trattamento (evitare sale iodato, pesce, alghe, latticini)

  • Test di gravidanza: obbligatorio nelle donne in età fertile


2. Somministrazione

Il trattamento avviene in reparto di medicina nucleare, in ambiente protetto.Il paziente assume una capsula o una soluzione contenente I-131, in un’unica somministrazione.La procedura è semplice, rapida e indolore.


3. Isolamento radioprotezionistico

Poiché nei giorni successivi il paziente emette radiazioni, è necessario un periodo di isolamento:

  • In ospedale (1–3 giorni), per dosi più elevate

  • casa, seguendo alcune precauzioni: usare il bagno in modo esclusivo se possibile, evitare il contatto stretto con bambini o donne in gravidanza, curare l’igiene delle mani, non condividere posate o bicchieri


4. Dopo il trattamento

  • Scintigrafia a corpo intero (entro 2–7 giorni) per verificare dove si è localizzato lo I-131

  • Ripresa della terapia sostitutiva con levotiroxina

  • Controlli periodici con tireoglobulina, ecografia e/o imaging per monitorare l’eventuale presenza di residui o recidive


Effetti collaterali possibili

  • Nausea o vomito, in genere lievi e transitori

  • Infiammazione delle ghiandole salivari (scialoadenite), con secchezza o dolore

  • Alterazioni del gusto o secchezza della bocca

  • In rari casi, calo dei globuli bianchi o piastrine

  • Ipotiroxinemia prolungata, se la terapia ormonale è stata sospesa prima del trattamento


Sicurezza a lungo termine

La terapia con I-131 è considerata sicura e ben tollerata, anche se ripetuta più volte.Il rischio di secondi tumori è molto basso, specialmente se le dosi sono appropriate e ben monitorate.


È assolutamente controindicata in gravidanza e durante l’allattamento.


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𝐃𝐫. 𝐃𝐢𝐞𝐠𝐨 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐢𝐞𝐫𝐢, 𝐞𝐬𝐩𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐜𝐡𝐢𝐫𝐮𝐫𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐢𝐫𝐨𝐢𝐝𝐞 𝐞𝐝 𝐎𝐑𝐋


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